Il titolo del mio lavoro:
Bere dalle pozzanghere
Il Riassunto:
Henry Henrison passa le ore a fissare le lancette dell'orologio mescolando alla noia il ricordo di tempi migliori. è un uomo silenzioso e taccagno, inghiottito dai deliri della terza età e in eterna attesa che accada qualcosa di memorabile all'interno del proprio giardino. Henry vive da trent'anni a Flate City, cittadina fantasma australiana situata nel bel mezzo del nulla, si trascina ormai stanco tra le proprie mura, non fa mai filtrare la luce dalle finestre, intraprende lunghe conversazioni con la propria iguana ed, a volte, si nasconde dietro i divani per cogliere i topi in fragrante a rubare il formaggio dalla credenza. Si lascia vivere biascicando zabaione con gli occhietti spenti. Si fa prendere da manie bizzarre come raccogliere viti e bulloni per depositarli in polverosi barattoli o come collezionare pezzetti di carta raffiguranti le parti del corpo umano. Un giorno la sua vita subisce improvvisamente una svolta, in seguito ad una tragedia avvenuta in corrispondenza del suo cortile, così Henry decide di chiedere a Drake, il ragazzetto che gli porta i giornali e la spesa e la lingua per conversare ogni tanto, di accompagnarlo a Brisbane con la propria automobile che giace ormai da anni nel garage del meccanico Frankie, con la scusa di essere prossimo al raggiungimento del suo desiderio più grande e della sua fantomatica liberazione. Tra mogli rabbiose e ragazzine recluse e represse, tra bolle di sapone e montagne rocciose del deserto australiano, tra formiche dalla testa rossa e nauseanti scatolette di fagioli, tra indigeni bruciacchiati dal sole che cantano vecchie canzonette alle squallide seppur ironiche rappresentazioni di decadenza e di insensata frenesia della civiltà urbana ormai giunta sull'orlo di una crisi di nervi. La ricerca della libertà si staglia tra un senso di indifferenza e di follia generale che si immerge nella polvere del deserto e risale sconfitto ritirandosi nelle radici dei propri desideri nascosti, le fugaci speranze sono flebili e smorte tra la seppur subdola disperazione dei personaggi che vivono, si divertono, impazziscono e viaggiano, ma sono destinati a rifluire nella risacca della paranoia di Flate City, dove non cresce nulla di buono, se non putrescenti fiori neri nati da semenze cattive. Un viaggio stralunato e in contrasto con il tempo che preme il fiato sul collo, in direzione della morte migliore che si possa desiderare, lì dove si rannicchia esausto il sole.
